Al librarsi del primo coriandolo, che sancì l’inizio del carnevale dell’anno ormai passato, il nostro animo era segnato da una leggerezza che abbiamo ormai perduto; tale leggerezza poteva trasparire dai colori che, come in un dipinto, spiccavano nel rappresentare l’atmosfera che ci circondava. Dei colori accesi, ricchi di vita, che nella loro luminosità rispecchiavano ciò di cui oggigiorno sentiamo la mancanza. Il voltare continuo delle gonne intorno alla piazza metteva tutto lo spazio in movimento, quasi come l’intero paese ruotasse intorno al centro della piazza dei balli, come stelle filanti in volo.
Intanto, al fiorire degli olivi, i seneghesi emigrati si ricongiungono alle loro radici, seguendo il flusso migratorio delle rondini. Al loro ritorno, in questo momento d’unione, tante cose vengono riprese da dove sono state lasciate: chiacchierate interrotte, risate a metà, bicchieri che non sono arrivati al termine del giro, ultime note di canti mai conclusi e ultimi passi di balli mai terminati. Conoscenze occasionali, nate dall’opportunità di non limitarci a considerare solo il nostro solito giro di amicizie, ma di aprirci a nuove persone con le quali, in altri contesti, non avremmo immaginato di metterci a confronto. Incontri spesso favoriti dal mangiare, ma specialmente dal bere. I cofani si aprono, le bottiglie di vino si stappano e si sentono subito le prime risate e urla. Camminando in mezzo a questa folla di persone in un ritmo di spallate, abbracci, baci e passaggi di bicchieri siamo catturati in questa magica (e solenne) imbriaghera, un'ebbrezza che attrae a sé tottu sa partza. Tutte queste cose, a modo loro, fanno parte di una piccola grande tradizione che è quella del carnevale seneghese. Ogni domenica l’appuntamento è fisso e puntuali ci si ritrova tutti insieme a ballare e divertirsi. Inizia tutto con un grande falò e si conclude tra le danze sfarzose della nostra piazza dei balli. Durante il corso dell’anno, chi più o chi meno, si sente appartenere a questo micro-cosmo che è Seneghe, ma è durante periodi come quello del carnevale, che ci sentiamo tutti accomunati dal divertimento e dall’amore per le nostre tradizioni a cui portiamo sempre qualcosa di nuovo e giovane. Non ci sono sconosciuti, non ci sono nuovi volti, nel periodo delle maschere ogni persona è amica, ogni ballerino è arte e ogni singola decorazione porta allegria. Dentro di noi, in questo periodo, il nostro ballerino interiore danza passando nella piazza. Come spesso si dice, e bravo chi balla.
Eravamo divertiti, allegri, un po’ brilli, ma ci piaceva così. Oggi, ricordando quei momenti speciali e risvegliando quei colori, quelle danze, e quelle risate nella nostra mente, attendiamo un giorno in cui potremmo di nuovo festeggiare insieme. La forza delle nostre tradizioni traspare dal fatto che, nonostante ci troviamo in un periodo duro, esse non siano morte; esse infatti sono più vive che mai dentro di noi. Questa spirale che è il carnevale ci cattura e al termine di esso ci lascia con la musica in testa e tante storie da raccontare. Fu così che, poco dopo la caduta dell’ultimo coriandolo, che sancì il termine dello scorso carnevale, tornammo tutti a casa con un cuore più leggero.
Isperausu po s’annu chi enidi.
Tre giovani Seneghesi.