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Tra i significati che si attribuiscono al toponimo Seneghe, il più affascinante è quello che lo collega a s'ena, la vena d'acqua che trabocca dalle sorgenti e dai pozzi disseminati nel territorio e nell'abitato.
La presenza dell'acqua è il principale motivo che ha spinto millenni prima di oggi, alcune popolazioni a scegliere la propria sede sul pianoro che interrompe la discesa verso la pianura del Campidano.
Nel territorio di Seneghe, le più antiche testimonianze archeologiche risalgono a circa 2000 anni prima di Cristo, all'inizio della civiltà nuragica, e ancora oggi segnano profondamente il paesaggio. Ci sono alcune tombe di giganti e almeno un centinaio di nuraghi. Insieme al paesaggio agrario con alberi sparsi e macchia mediterranea, questi monumenti costituiscono uno degli elementi di interesse del territorio seneghese. A partire dall'arrivo dei fenici e dei punici sulla costa occidentale, la vicenda del territorio seneghese si lega a Cornus e alla sua storia. Dove è posto oggi l'abitato di Seneghe e nelle campagne, si hanno tracce di presenza punica e romana. Mentre i sardi indigeni continuano ad abitare attorno ai nuraghi che vanno in rovina, nelle campagne sorgono le ville romane. Il dominio delle popolazioni provenienti dall'Africa e dalla penisola italiana, pur avendo condizionato la vita degli abitanti per secoli, non ha lasciato tracce significative sul territorio.
Il nome di Seneghe compare per la prima volta in età storica nel XII secolo con una citazione nel Condaghe di Santa Maria di Bonarcado. È una delle sette ville che compongono la curatoria di Parte Milis, distretto amministrativo istituito dai Giudici d'Arborea ai confini settentrionali del loro regno.
Seneghe è stato quasi sempre il centro più popoloso del distretto e lo divenne ancora di più durante e dopo l'arrivo degli eserciti catalano-aragonesi e la lunga guerra di conquista tra XIV e XV secolo. Le popolazioni che fuggivano dai villaggi abbandonati e dalla pianura infiammata dalla guerra trovarono rifugio a Seneghe, favorita anche dalla posizione elevata sulla pianura malarica. Alla fine del periodo giudicale il paese fu incluso con il Campidano di Milis nel Marchesato di Oristano, composto dalla città e dai tre Campidani. Gli interessi dei sovrani, prima i Giudici e poi i Re di Spagna, erano presenti a Seneghe nel possesso del Monte. Le pendici alte del Montiferru ricoperte dalla foresta, un tempo usate per le cacce giudicali, venivano affittate dal demanio regio a privati per il pascolo e il ghiandatico.
Nella struttura sociale seneghese aveva un ruolo fondamentale anche la Chiesa, unico organismo che consentisse la promozione sociale a un popolo di contadini e pastori. Fu grazie ad essa che si realizzò l’ascesa al cardinalato di Agostino Pippia (Seneghe 1660-Roma 1730).
Dopo la lenta crescita nei secoli spagnoli, Seneghe vide, nel Settecento, un ulteriore accrescimento demografico ed edilizio, nonostante le ricorrenti carestie. A fine secolo arrivò a sfiorare i duemila abitanti. Testimoni di un'epoca di fiducia, sono le due piccole chiese costruite in posizioni dislocate rispetto alla parrocchia, la chiesa di Sant'Antonio di Padova che conserva ancora l'impianto originario e quella di Sant'Agostino, demolita nell'Ottocento.
Tra Seicento e Settecento il paese acquistò, dal punto di vista urbanistico, l'aspetto odierno. Le case fatte di pietra hanno gli ingressi, sia interni che esterni, valorizzati dalle decorazioni sulla pietra cantone: oltre alle onnipresenti rosette a sei petali, numerose le dentellature, i simboli religiosi, i soli e le spirali e soprattutto la fiamma a cuspide del gusto arabeggiante iberico. L'affermazione nell'Ottocento di un'architettura più leggera fondata sul basalto scolpito, ha fatto passare di moda lo stile precedente, che è comunque ben visibile in molte case restaurate negli ultimi decenni. Il relativo miglioramento delle condizioni economiche nel corso dell'Ottocento si è concretizzato nella costruzione della nuova chiesa parrocchiale, durata un secolo e terminata nel 1898.
La vivacità economica e culturale del paese emerge dopo la Grande Guerra, che costa un tributo di sangue notevole a Seneghe come al resto della Sardegna. Due giovani seneghesi sono tra i massimi dirigenti del movimento dei combattenti e fondatori del Partito Sardo d'Azione. Nel 1924 alle elezioni politiche 2 dei 12 deputati sardi sono i seneghesi Paolo Pili e Antonio Putzolu. Alla fine della guerra, l'inserimento nelle nuove dinamiche economiche, comporta l'abbandono della cerealicoltura, la scelta esclusiva dell'allevamento bovino ed ovino accanto alla persistente olivicoltura, e l'emigrazione verso le regioni dell'Italia del nord e dell'Europa di fasce intere della popolazione locale. Cessa anche un'attività di estrazione del minerale di ferro ai confini occidentali del territorio, durata solo pochi anni per le difficoltà di trasporto del materiale dalla montagna in pianura a dorso di animali.
(di Mario Cubeddu, Insegnante)
(Foto Vincenzo Cubeddu)